COMMOZIONECalifornia, il medico che piange per la morte di un paziente: la foto diventa virale

California, il medico che piange per la morte di un paziente: la foto diventa virale

Se c’è un’immagine che ben racconta lo strazio e il dolore è quella pubblicata da un utente di Reddit che sta facendo il giro del mondo. La fotografia mostra un medico accasciato a terra, probabilmente in lacrime, addolorato per non essere riuscito a salvare la vita a un suo giovane paziente, un ragazzo di 19 anni. E a chi lo chiama risponde: “Datemi solo un momento”. Così infatti si intitola la foto: “Solo un momento“. L’autore dello scatto ha raccontato che il raccoglimento è durato solo qualche secondo, poi l’uomo – un paramedico di un ospedale californiano – “ha scrollato le spalle ed è tornato al suo lavoro”. Quasi 4300 i commenti ricevuti da parte degli utenti per questa immagine, tra questi quello di un altro medico, che scrive: “Io so esattamente come si sente il dottore nella foto. Nonostante l’immagine mostri un momento buio mi fa davvero sentire più felice della mia scelta di carriera. Penso che il senso di connessione degli utenti con un dottore sconosciuto dia pienamente il senso che quello che facciamo conta davvero”.

fonte

Riconoscere un tumore alla testa, con quali sintomi rivolgersi al medico?

tumore alla testa

I sintomi di un tumore alla testa dipendono da quali sono le strutture coinvolte dalla malattia. Il cancro, infatti, può colpire sia la scatola cranica sia gli organi presenti nella cavità orale o a livello del collo.

Nel primo caso si tratta di tumori che si sviluppano dalle ossa (osteosarcomi) o dalla cartilagine (condrosarcomi), i cui sintomi più frequenti sono dolore e gonfiore, che diventano tanto più costanti quanto più la malattia avanza. Nel secondo caso si tratta, invece, di forme di cancro che rientrano nel gruppo dei tumori della testa e del collo (fra cui quelli più frequenti interessano la laringe, il cavo orale e la faringe) e in quello dei tumori del massiccio facciale.

Ecco i sintomi che dovrebbero farci rivolgere al medico, soprattutto se non scompaiono in poco tempo:

  • Tumori orali che si formano dalle gengive e dal palato: dolore ai denti, sanguinamenti, vesciche, ulcere e ferite che non si rimarginano. Nei casi più gravi la lingua si può gonfiare e può diventare difficile aprire la bocca.
  • Tumori del seno mascellare: sintomi della sinusite, mal di denti, perdita di sangue dal naso, gonfiore dei tessuti molli della guancia, del palato e delle gengive, occhi sporgenti.
  • Tumori all’osso etmoide: sintomi di sinusite, difficoltà a respirare con il naso, perdite di sangue dal naso.
  • Tumore della laringe: alterazioni della voce e, nei casi già avanzati, difficoltà e dolore a deglutire. Raramente, affanno respiratorio.
  • Tumore della faringe: fastidio o dolore alla gola che può arrivare fino all’orecchio, difficoltà a deglutire, alito molto pesante, voce nasale, produzione di saliva abbondante e, nella metà dei casi, ingrossamento dei linfonodi del collo.
  • Tumore del rinofaringe: disturbi all’orecchio (diminuzione dell’udito, ronzii, fischi, otiti, orecchie tappate). Spesso i sintomi iniziali sono poco importanti e iniziano con un ingrossamento dei linfonodi del collo. In alcuni rari casi i disturbi possono coinvolgere il naso, che si chiude, cola molto e, a volte, sanguina.
  • Tumori dei seni paranasali: ostruzione nasale, raffreddore continuo, alterazione della sensibilità della pelle del viso o paralisi facciali.
  • Tumore delle ghiandole salivari: nelle fasi iniziali dà pochi sintomi, fra cui la presenza di una massa che non fa male se viene toccata e che può essere localizzata sulla mandibola o sotto di essa o nel cavo orale. In alcuni casi si possono avere difficoltà ad aprire la bocca o si può paralizzare metà volto.
  • http://www.benessereblog.it/

UE: DOPO L’IDRAULICO POLACCO IL MEDICO ROMENO, ORA ALLARME A EST

(AGI) – Berlino, 18 ago. – Dopo l’ormai famoso idraulico polacco, i membri storici dell’Unione europea stanno subendo un nuovo tipo di invasione da est, quella incarnata dal medico romeno. In un articolo di prima pagina, la “Sueddeutsche Zeitung” (SZ) ha rilevato che e’ in atto un’autentica emigrazione di massa da parte di medici dei nuovi membri del’Ue, soprattutto romeni. La “SZ” ha spiegato che dall’ingresso nell’Unione, nel 2007, la Romania ha gia’ perduto 6000 tra medici, dentisti e farmacisti, emigrati nei Paesi occidentali in cui sono riconosciute le loro lauree.

L’associazione dei medici romeni rivela che nei primi sei mesi di quest’anno migliaia di operatori sanitari hanno gia’ firmato contratti con agenzie di collocamento occidentali e si apprestano a fare le valigie. Ad andarsene sono state anche oltre 4000 infermiere. Situazione drammatica anche in Bulgaria, dove il ministro della Sanita’, Anna-Maria Borissowa ha spiegato che “ogni giorno c’e’ un medico che abbandona il Paese”. Nella Repubblica Ceca ci sono 700 posti vacanti, mentre 2500 medici ospedalieri hanno minacciato di licenziarsi alla fine dell’anno, se i loro stipendi non verranno considerevolmente aumentati.

La Sueddeutsche scrive che in Romania un giovane medico guadagna 350 euro al mese, mentre in Germania, Francia e Gran Bretagna puo’ ottenere uno stipendio lordo dieci volte piu’ elevato. Il giornale sottolinea che “ad approfittare di questa tendenza e’ anche la Germania, che riesce cosi’ in parte a colmare i vuoti prodotti dall’esodo dei suoi giovani medici verso i Paesi scandinavi e la Svizzera. A provocare la fuga dei medici romeni e’ anche la decisione del governo di tagliare del 25% gli stipendi dei funzionari pubblici, sanitari compresi, per cercare di rimettere ordine nelle finanze dello Stato. Questa emigrazione di massa sta provocando nel frattempo una reazione a catena, poiche’ a coprire i vuoti in Repubblica Ceca e Bulgaria sono adesso i medici in arrivo da Bielorussia, Ucraina, Russia e perfino dall’India. (AGI)

UN MEDICO, UN UOMO

 


UN MEDICO, UN UOMO

(THE DOCTOR)

1992

regia di Randa Haines


Jack McKee (interpretato da William Hurt) fa il chirurgo in un ospedale di San Francisco. E’ molto abile ma, come non si stanca di ripetere ai suoi tirocinanti, ritiene che il suo compito sia “…entrare, aggiustare, andarsene…”, senza perdere tempo a chiacchierare con i pazienti. E’, insomma, il prototipo dei tanti medici ospedalieri americani per i quali – come dice con cognizione di causa avendo a lungo lavorato negli Stati Uniti – Ignazio Marino “il contatto umano col paziente quasi scompare”.

Il dottor Jack McKee è il protagonista di Un medico un uomo (sciocco titolo italiano del film The Doctor), regia della regista statunitense Randa Haines, tratto dal libro autobiografico A Taste of my own Medicine del dottor Ed Rosenbaum. Infastidito da un ricorrente raschiare alla gola, egli si reca dalla dottoressa Abbott, una collega otorinolaringoiatra, per una vista. “Lei ha un tumore alla laringe – ella gli dice alquanto bruscamente – occorre una biopsia”. Il giorno dopo, McKee va in ospedale per farla, gli tocca aspettare a lungo (e pensa, irritato: “Cosa ci faccio qui, io, ad attendere come un comune mortale?”), rifiuta la carrozzella per recarsi in corsia (ma l’infermiere insiste: “Lei ora è un paziente e se cade in ospedale siamo noi i responsabili”), scopre con notevole contrarietà che non gli hanno assegnato una camera singola (“Io non divido la stanza con nessuno” sbraita inutilmente). Il suo compagno di stanza è un poliziotto che gli parla delle sue molte esperienze ospedaliere, dicendo male dei medici e provocando in lui una reazione contraddittoria: da una parte sarebbe spinto a difendere la categoria cui lui stesso appartiene, dall’altra si rende conto che – nella sua nuova condizione di malato – sta subendo gli stessi disagi che l’altro gli racconta (finisce anche col prendersi un clistere destinato, invece, al poliziotto). Comincia a vedere l’ospedale, insomma, con gli occhi del paziente. “Il tumore è maligno” gli annuncia, con la solita durezza, la dottoressa Abbott. Viene decisa la radioterapia, per la quale McKee viene inviato da un altro collega, il dottor Reed. Nuove attese, nuovi moduli da riempire, nuove irritazioni. Egli non sa e non vuole fare il malato (“Sono un dottore anch’io” dice a un certo punto, sentendosi però risponder “Non qui”). Conosce, incontrandola nella sala d’attesa di Reed, una ragazza di nome June: ha un tumore al cervello e fa anch’ella la radioterapia, ha perso i capelli, gli appare stranamente serena seppur cosciente della gravità del suo stato. Tra i due inizia un rapporto profondo, che aiuta lui a comprendere cosa significhi essere malato, nelle mani di medici che con i malati non riescono a dialogare. La malattia e June lo aiutano a cambiare radicalmente il suo stile professionale: se ne accorge un suo assistente quando, avendo usato l’espressione “il terminale della 17” per indicare un paziente in fin di vita, si sente rispondere con durezza “Un malato non è un computer, quel signore che sta morendo nella stanza 17 ha un nome e un cognome e se usi ancora la parola ‘terminale’ per indicare un malato potrai subito dopo chiamare così la tua carriera qua dentro”. Nel frattempo, la radioterapia non dà i risultati sperati così che viene deciso l’intervento chirurgico. Egli cerca di interloquire con la dottoressa Abbott circa i tempi dell’operazione ma si sente rispondere “Il medico sono io e lei è mio paziente, quindi sono io che decido”. Allora si arrabbia ma l’altra sa soltanto commentare “Posso capire come si sente”, al che egli replica, urlando, che il problema consiste proprio nel fatto che lei non ha la più pallida idea di come i malati si sentano e le annuncia che, comunque, da quel momento ha un paziente di meno. Si rivolge così, per l’intervento, a un collega del suo ospedale, che aveva sempre irriso, in passato, per la sua cordialità con i malati. Tutto si risolve e Jack torna al lavoro però è diventato un altro medico. Per esempio, un giorno, dopo aver ordinato ai suoi tirocinanti di togliersi il camice e di indossare la camicia da notte tipica dei pazienti, li informa che, oltre ai nomi delle malattie, d’ora in poi dovranno imparare anche quelli dei malati, perché il loro essere malati li rende impauriti, imbarazzati, vulnerabili” e perciò bisognosi di attenzione, di aiuto, di ascolto. E affinché tale attenzione, aiuto, ascolto possa svilupparsi nei tirocinanti, e dunque futuri medici, egli li informa che “…nelle prossime 72 ore a ciascuno di voi sarà assegnata una malattia, dormirete nei letti dell’ospedale e subirete gli esami clinici di esso…Non sarete più dottori ma pazienti. Buona fortuna, domani verrò a visitarvi”. Dopo di che se ne va, passando dalla portineria ove gli viene consegnata una lettera. E’ di June, nel frattempo morta: “Caro Jack, voglio narrarti una storia. C’era una volta un contadino che aveva un campo e cercava di tenerne lontani gli uccelli. Ci riuscì ma alla fine si sentì solo e allora tolse tutti gli spaventapasseri e si mise in mezzo al campo a braccia spalancate, per richiamarli. Essi, però, pensarono si trattasse di un nuovo spaventapasseri e restarono lontani. Allora egli comprese che era il caso di abbassare le braccia e gli uccelli tornarono. Ecco, anche tu devi fare così: impara ad abbassare le braccia”. E il dottor Jack imparò.

Il film è ben narrato e ben recitatao. Non sarà un capolavoro ma merita di essere visto da tutti gli studenti di medicina delle università italiane, per aiutarli a capire la bellezza del fare il medico con le braccia abbassate.