La “trovata” del governo dopo la sentenza eternit: non punibili i reati ambientali

Sembra una brutta barzelletta ma è pura, desolante realtà. All’indomani della sentenza Eternit che ha dichiarato non punibile per prescrizione dei termini il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, capo della multinazionale che per decenni ha seminato amianto e morte a Casale Monferrato, e dopo una mitragliata di dichiarazioni indignate di ministri e politici – Renzi in testa – che promettevano immediati interventi legislativi per colpire con più severità i crimini di chi avvelena ambiente e salute, il governo, qualche giorno fa, ha approvato un decreto legislativo che depenalizza i pochi reati ambientali presenti nel codice penale. Dall’abuso edilizio all’avvelenamento del suolo e del sottosuolo, dall’incendio di rifiuti agli scarichi industriali non autorizzati. Per diventare legge dello Stato le nuove norme non dovranno nemmeno passare per il sì del Parlamento. Sono infatti l’attuazione di una legge delega e, per questo su di esse, Camera e Senato potranno esprimere nulla più di un parere consultivo e non vincolante.

Così, l’articolo 1 (comma 2) del decreto legislativo stabilisce che “nei reati per i quali è prevista la pena della reclusione (…) non superiore nel massimo a cinque anni, (…) la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta o per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”. Come dire: se non sei un delinquente abituale e se con la tua condotta illegale non stai mettendo a ferro e fuoco l’intero pianeta, allora puoi tranquillamente costruire senza licenza e in un’area non edificabile, incendiare i rifiuti, scaricare veleni industriali in un fiume o in una falda oppure nasconderli sotto terra.

La logica dichiarata di questo intervento è il solito mantra della semplificazione normativa, il risultato sarebbe di ridurre ulteriormente lo spazio già molto limitato dei reati ambientali nel codice penale. Alla faccia della direttiva europea (la n. 99 del 2008) che impone di rafforzare la tutela penale dell’ambiente (finora di fatto ignorata dall’Italia), e soprattutto alla faccia di una realtà sotto gli occhi di tutti: in Europa siamo la patria dell’illegalità ambientale, da quella spicciola del piccolo abusivismo edilizio a quella criminale delle ecomafie. Da almeno vent’anni si aspetta una legge che introduca nel codice penale come fattispecie ad hoc i crimini ambientali a cominciare dal disastro ambientale doloso – unica via sicura per impedire nuovi casi Eternit -, ma fino a oggi invano. Anche in questa legislatura va in scena lo stesso film: il disegno di legge sui crimini ambientali è stato approvato mesi fa dalla Camera, peraltro in un testo che presenta aspetti controversi e discutibili, adesso è fermo in Senato e come sempre sono attivissimi tutti i nemici storici del risultato, prima fra tutti Confindustria.

Così va la politica italiana, che governi la destra o la sinistra. Così va il mondo anche ai tempi di Renzi: passati gli attimi dell’indignazione mediatica contro la prescrizione Eternit che ha “perdonato” uno dei maggiori crimini ambientali della storia europea, torna l’ora dell’immobilismo a difesa di uno status quo insopportabile per i cittadini ma prezioso per gli interessi di piccoli e grandi inquinatori.

fonte

Farmaci anticancro solo a pagamento: i più poveri moriranno. Applicata una norma del governo…

Vi meravigliate,in una nazione dove esistono i finti invalidi e chi lo è per davvero stanno a calcolare anche i centesimali di punto d’invalidita per non dargli la miseria di circa 200 euro mensili.

In una nazione dall pensioni d’oro per la casta e pensioni ridotte sempre più all’osso aumentando non l’importo ma gli anni di contributi per andare in pensione.

In una nazione che i malati di cancro sono visti come un peso e non vittime del “progresso” vedi amianto,eternit,cibi adulterati e via dicendo.

In una nazione che fa cassetto tramite le sigarette e tassa le sigarette elettroniche che dovrebbero servire a smettere di fumare o spende milioni di euro per le campagne anti fumo.

In una nazione così tutto può accadere anche che i medicinali anti cancro li deve pagare il malato,come se non gli bastasse avere il cancro che è come una bastonata in mezzo alla fronte sopratutto quando il primario che ti ha in cura te lo deve dire in faccia e anche lui non sa come dirtelo.

Sentirsi dire che hai sei mesi di vita se l’operazione invasiva non va bene e che l’operazione potrebbe durare dodici ore e si sa solo dopo i sei mesi se l’operazione e’ andata bene.

Che aggiungere,solo che ogni giorno che passa andiamo sempre peggio ma noi cosa facciamo?

In Egitto,Grecia,Spagna e anche Francia invadono le piazze per protestare noi invece invadiamo i caselli autostradali,i porti e gli aereoporti per andare al mare o montagna….


 

L’Anziano Gino V

 

 

AMIANTO: APPELLO SENTENZA ETERNIT

 

alcuni rappresentanti del nostro Comitato al processo Eternit il 3 giugno a Torino

alcuni rappresentanti del nostro Comitato al processo Eternit il 3 giugno a Torino

COMUNICATO STAMPA

 3 giugno 2013 Torino

  

CONFERMATA LA SENTENZA DI CONDANNA

 

Ancora una volta la forte partecipazione e presenza dei lavoratori, dei cittadini e delle associazioni solidali che si battono da oltre trent’anni contro l’amianto  ha contribuito ad una nuova vittoria: la conferma della condanna di Schmidheiny.

La corte d’appello di Torino ha condannato l’imprenditore elvetico Stephan Schmidheiny a 18 anni per disastro doloso e omissione di cautele antinfortunistiche che in primo grado era stato condannato a 16 anni. I giudici hanno esteso la responsabilità dell’imputato anche agli stabilimenti di Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia). 

Il coordinamento delle associazioni considera questo giudizio fortemente positivo in quanto non solo conferma la condanna ma sono stati mantenuti la maggior parte dei risarcimenti e hanno goduto del risarcimento anche diversi abitanti dei comuni interessati all’esposizione all’amianto,  pur senza aver contratto malattie da esso derivate, e le associazioni delle vittime già riconosciute come  parte civile nel processo: AFEVA, AIEA e MEDICINA DEMOCRATICA. Questa sentenza rafforza la determinazione delle associazioni nazionali e internazionali presenti all’ascolto della  sentenza che per l’occasione si sono riunite e hanno ribadito le seguenti decisioni:

 

  1. A sostegno del finanziamento del Piano Nazionale Amianto e della proposta di legge n. 8 del 15 marzo 2013 del Sen. Casson le associazioni presenti oggi hanno deciso di organizzare entro settembre una manifestazione nazionale davanti al Parlamento prima che venga approvata la legge finanziaria.A tale scopo si è deciso di contattare tutte le associazioni e i capigruppo parlamentari chiedendogli di sostenere la proposta di legge del Sen. Casson e tutte le iniziative il cui obiettivo è quello di tutelare la salute dei cittadini.

 

  1. Le associazioni presenti hanno deciso di lanciare una petizione a livello europeo per l’eliminazione definitiva dell’amianto da tutti i paesi e per perseguire i responsabili della catastrofe internazionale prodotta a puro scopo di profitto, cercando di stabilire un legame tra i vari paesi e fare azione comune,sostenendo tutte le cause giudiziarie in corso e promuovendo ulteriori azioni e ricorsi in materia.

 

  1. Le associazioni chiedono con forza che a livello europeo venga acquisita la migliore legislazione in atto sull’amianto. Si rileva che la legislazione francese relativamente al Fondo Vittime dell’amianto ha stanziato una somma di circa dieci volte superiore a quella stanziata dal governo italiano. Inoltre il Fondo francese prevede il risarcimento  a tutti i cittadini che sono stati esposti all’amianto, non solo in ambito professionale ma anche ambientale.

  

  1. Nei vari paesi europei gli Istituti assicurativi hanno il compito di accertare le malattie professionali e di indenizzarle, vedi Inail in Italia. E’ evidente che si manifesta un palese conflitto d’interesse laddove l’ente che dovrebbe accertare la malattia professionale ha tutto l’interesse a non riconoscerla. Si rivendica dunque la necessità di individuare un ente terzo (nello specifico il servizio di prevenzione della A-USL) che accerti  la malattia professionale, evitando le speculazione sulla vita dei lavoratori e dei cittadini vittime dell’amianto.

 

  1. Si rivendica infine l’abolizione della prescrizione del reato, presente nella legiglazione italiana ed europea , che riguarda gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, convinti che non ci possa essere un termine per il diritto alla salute e il risarcimento del danno di qualunque cittadino esposto sia in ambito lavorativo che ambientale all’amianto e altri agenti inquinanti.

  

Le associazioni presenti che fanno parte del Coordinamento Nazionale Amianto:

 

AIEA Onlus

Medicina democratica, Movimento di Lotta per la Salute

Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio

AVANI

COPAL

CAOVA Comitè d’aide et d’orientation des victimes de l’amiante (Suisse)

Ban Asbestos France

ABEVA Bruxelles

Centro Studi Sereno Regis di Torino

 

Per ulteriori comunicazioni ed informazioni si prega di Contattare

Fulvio Aurora 339-2516050

Michele Michelino 335-7850799

GIORNATA MONDIALE CONTRO L’AMIANTO


 

In ricordo di tutti i lavoratori assassinati in nome del profitto

 

contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura

 

Sabato 27 aprile 2013 – ore 16.00 corteo

 

partenza dal Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” di via Magenta 88,

Sesto San Giovanni, fino alla lapide di via Carducci


http://www.comitatodifesasalutessg.com/2013/04/25/giornata-mondiale-contro-l-amianto/#permalink

PIANO NAZIONALE AMIANTO

 

Amianto, il Piano nazionale

Ecco il testo in anteprima pubblicato su il sole 24 ore del 2 aprile 2013

di Barbara Gobbi, Rosanna Magnano. Sara Todaro      

L’Italia serra i ranghi contro l’asbesto: il Piano nazionale amianto, approvato dal Governo e attualmente all’esame della Conferenza Stato-Regioni, sarà presentato alla comunità scientifica e locale l’8 aprile prossimo, a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, «teatro» del Caso Eternit. Il documento, una sorta di tabella di marcia per affrontare l’emergenza, è stato elaborato dai ministeri della Salute, dell’Ambiente e del Lavoro. Qualcosa già si muove.

Lo scorso 28 marzo ha preso il via presso la sede dell’Inail il tavolo tecnico per i risarcimenti in esecuzione dei contenuti della sentenza Eternit. «Si tratta – spiega il ministero della Salute in una nota – di dare attuazione effettiva nella parte che riguarda “provvisionali immediatamente esecutive” nei confronti delle parti civili».

Il tavolo tecnico, istituito dal ministero del Lavoro con quello della Salute e le altre amministrazioni interessate e i soggetti danneggiati, è previsto tra gli obiettivi del Piano nazionale amianto. Nello stesso piano un’altra iniziativa in partenza, presentata all’Istituto superiore di Sanità: il «Progetto amianto», un programma biennale finanziato dal ministero della Salute composto da 4 unità operative che si occuperanno di ambiente, epidemiologia, diagnosi e cura. Il finanziamento previsto è di 50 milioni di euro per i primi interventi. 

L’impatto dell’amianto sulla salute umana è devastante. Gli ultimi dati del Registro mesoteliomi, istituito nel 2003, sono datati 2009 e parlano di 9.166 casi di mesotelioma, di cui il 72% su uomini, e il 93% di tipo pleurico. Ma il picco da un punto di vista epidemiologico è atteso tra il 2010 e il 2020 o tra il 2012 e il 2025, con un’incidenza prevista di mille casi all’anno, solo per gli uomini (mancano stime per le altre localizzazioni del mesotelioma, sulle altre patologie, e sulle donne). 

Le possibilità terapeutiche e di diagnosi precoce delle patologie neoplastiche da amianto sono oggi insoddisfacenti. Uno screening oncologico rivolto a soggetti asintomatici è proponibile come progetto di ricerca solo per il cancro del polmone. Limitate anche le possibilità terapeutiche, estremamente insoddisfacenti per i mesoteliomi e con limitate possibilità per il tumore al polmone. Nonostante questa base di partenza poco incoraggiante, dati la gravità del fenomeno e il dramma dei pazienti, le Autorità sanitarie non possono non adottare idonee contromisure. Sono quindi da indagare la possibile riduzione del rischio dopo la cessazione delle esposizione, i possibili modificatori individuali del rischio di malattia, le migliori procedure per portare corretti messaggi di prevenzione alla popolazione.

Questi gli obiettivi sanitari descritti nel Piano.

Epidemiologia 
Obiettivo: Migliorare la conoscenza dei fenomeni e delle loro dimensioni sul territorio nazionale

– I Cor (Centri operativi regionali) sono chiamati ad ampliare la loro azione sviluppando la raccolta di dati sui tumori a bassa frazione eziologica, che hanno cioè anche importanti cause extralavorative, e sulla loro possibile origine professionale. Priorità va data alle patologie correlate a esposizione da amianto: tumori del polmone, della laringe, dell’ovaio, del colon retto, dell’esofago e dello stomaco. Durante l’attuazione di questo Piano l’Inail, responsabile della tenuta del Renam (Registro nazionale mesoteliomi), dovrà garantirne mantenimento e sviluppo nonché la promozione di attività di ricerca e vigilanza, in collegamento con Regioni e Ssn

– Va garantita una capillare attuazione delle azioni epidemiologiche previste dal Piano, anche in collegamento con l’Inail. Le Regioni devono garantire il mantenimento e lo sviluppo dei Centri operativi regionali (Cor), anche alla luce dell’ampliamento dei relativi compiti ex articolo 244 del Dlgs 81/2008 e il rafforzamento della rete di Cor già esistente

– Gli archivi di Inail, Inps, Istat, delle Regioni, delle aziende sanitarie e degli altri enti gestori di banche dati, compresi i Registri tumori, vanno messi a disposizione dei Cor per lo studio del mesotelioma maligno e delle patologie da amianto, ove possibile con accesso informatico ai dati. Ribadito l’obbligo per i medici che effettuano la diagnosi, di refertare all’autorità giudiziaria e di segnalare i casi di mesotelioma al Cor, compilando il primo certificato di malattia professionale da inviare all’istituto assicuratore. Si richiamano anche gli obblighi previsti per i medici competenti verso i lavoratori ancora in attività dall’articolo 40, Dlgs 81/2008 e la necessità di attivare i flussi, più l’obbligo di denuncia di malattie professionali

– Asl e Cor dovranno costruire gli elenchi degli ex esposti nelle diverse attività lavorative e le coorti di tutti gli operatori attualmente coinvolti nelle operazioni di bonifica. Il coordinamento nazionale spetta al Renam. L’Inail deve fornire alle Asl, su richiesta, gli elenchi dei lavoratori ex esposti che hanno presentato la domanda di ex articolo 18, comma 8, della legge 257/1992

– Le Regioni devono estendere – tramite i Cor o altre strutture competenti – la sorveglianza su lavoratori esposti ed ex esposti ad amianto, in particolare per le coorti di esposti con lungo follow-up o informative su aspetti specifici, quali l’esposizione a un solo tipo di fibre di amianto

– Le Regioni devono indagare il rischio di mesotelioma connesso all’esposizione non professionale tramite i Cor o altre strutture competenti

– Vanno promosse la ricerca sui possibili modificatori individuali del rischio di malattia e la valutazione delle metodologie più efficaci per la sorveglianza sanitaria ed epidemiologica e per portare corretti messaggi di prevenzione alle popolazioni esposte

– L’Inail, avvalendosi del Renam o di altre strutture competenti, deve aggiornare e valutare modelli previsionali per stimare l’andamento dell’epidemia di mesotelioma, sostenuti da idonee metodologie e promuovere gli studi eventualmente necessari

– Va potenziata la sorveglianza dei tumori polmonari e delle altre patologie amianto-correlate, soprattutto attraverso linkage tra archivi di esposizione e basi dati di patologia (decessi, ricoveri). Queste attività potranno essere integrate con quelle svolte ai sensi dell’articolo 244 del Dlgs 81/2008 (vanno emanati decreti di attuazione). Iss, università e centri Ssn concorrono alla valutazione sanitaria, epidemiologica e di ricerca connessa agli effetti dell’amianto. È previsto un Coordinamento tecnico nazionale presso il ministero della Salute e coadiuvato dal Coordinamento delle Regioni e delle Pubbliche amministrazioni. Ogni 3 anni Inail, Iss e altri istituti tecnico-scientifici organizzeranno una conferenza di consenso con ricercatori italiani e stranieri

Valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria 
Obiettivo: migliorare qualità di valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria

– Serve uno studio di fattibilità sull’istituzione di una banca dati relativa alla misurazione delle esposizioni, per implementare un catalogo dei livelli espositivi in situazioni paradigmatiche, come manutenzioni o bonifiche, oppure di esposizione ambientale in siti critici o per affioramenti naturali. Va rafforzata e monitorata la rete dei laboratori regionali di riferimento

– Valutazione del rischio attuale per i lavoratori addetti alle bonifiche attraverso adeguati monitoraggi ambientali da realizzarsi a campione nei cantieri di bonifica da parte di strutture pubbliche specializzate, in particolare per la rimozione di amianto friabile

– La sorveglianza sanitaria deve includere solo interventi di provata efficacia. Va assicurata la migliore sorveglianza sanitaria nei confronti degli addetti alle bonifiche e degli altri potenzialmente esposti, attraverso l’aggiornamento e la verifica del protocolli. Vanno previsti formazione e aggiornamento sull’amianto per i medici competenti, e una forte sorveglianza su esposizioni non tipiche (su cui serve un piano formativo annuale)

– Le Regioni, in accordo con le aziende del settore, le associazioni e i sindacati e in coordinamento tra di loro e con il ministero della Salute definiranno modalità per la sorveglianza con Aziende sanitarie locali, Aziende ospedaliere e università dei lavoratori ex esposti, sulla base di interventi e procedure di provata efficacia. Obiettivo: superare al più presto la variabilità interregionale

– Va previsto un flusso informativo dedicato alla sorveglianza degli esposti ad amianto e ad altri cancerogeni (ex articoli 40, 243 e 244 del decreto legislativo 81/2008) diretto verso l’Inail, con il contributo delle Regioni nella raccolta

– Va avviato un percorso che assicuri la sorveglianza dei lavoratori italiani all’estero, se necessario predisponendo una apposita modifica normativa

Ricerca di base e clinica 
Obiettivo: Rete organizzativa nazionale per la comprensione dei fenomeni molecolari e dei percorsi diagnostico-terapeutici del mesotelioma maligno

– Programmare la costituzione di una rete organizzativa nazionale basata sulla condivisione di un database clinico e biologico tra centri di alto livello per la diagnosi e la terapia del mesotelioma pleurico laddove esista un piano diagnostico-terapeutico corrispondente a linee guida e consensus

– Requisiti minimi per i centri: a) creare una biobanca virtuale di materiali biologici relativi a mesotelioma pleurico ed eventuali altri soggetti, come infrastruttura per il reclutamento di materiale biologico per le attività di ricerca previste dal Piano e per individuare nuovi marcatori del mesotelioma pleurico; b) condividere in rete progetti clinici di ricerca traslazionale e preclinica nel campo del mesotelioma pleurico; c) effettuare studi sugli effetti biologici di minerali e materiali fibrosi asbestosimili, di materiali alternativi all’amianto e di nano materiali elongati (HARNs); d) standardizzare le metodiche analitiche e gli studi sui tessuti e sui liquidi biologici; e) esplorare i bersagli molecolari per l’individuazione di possibili target terapeutici; f) sperimentare l’utilizzo combinato di cellule staminali tumorali e della Reverse Phase Protein Microarray (Rppm) per lo sviluppo di nuovi antitumorali e biomarcatori predittivi; g) realizzare modelli di mesotelioma su cui sperimentare nuovi interventi terapeutici

Sistema delle cure e della riabilitazione 
Obiettivo: percorsi diagnostico-terapeutici ottimizzati omogenei

– Programmare l’istituzione di una rete nazionale e favorire la partecipazione a un European reference network per centri con alcune caratteristiche: presenza, funzionalmente integrata, di pneumologia (indusa Interventistica), anatomia patologica con Immunoistochimica, conteggio corpuscoli amianto e fibre, chirurgia toracica, oncologia medica con esperienza di sperimentazioni cliniche, radioterapia, centro terapia palliativa e hospice

– Impegno della rete nazionale a definire con la metodologia della consensus conference, linee guida e protocolli clinici per diagnosi precoce, stadiazione, terapia, palliazione e supporto psicologico, considerando gli aspetti psico-sociali nonché relazionali ed economici che ne derivano

– Attivazione in coordinamento con Renam e con la rete nazionale di un gruppo di anatomopatologi competenti, per valutare la performance diagnostica nazionale in tema di mesotelioma e per la validazione dei casi in trials clinici di sperimentazione

– Qualificazione dei laboratori e standardizzazione delle metodiche analitiche per la determinazione di fibre e corpuscoli di asbesto in liquidi biologici e tessuti.

http://www.comitatodifesasalutessg.com/2013/04/04/piano-nazionale-amianto/

Smaltire l’amianto – Intervista a Legambiente – Cose dell’altro Geo

A vent’anni dalla legge che lo ha messo al bando, l’amianto è ancora di attualità: dopo la storica sentenza delle vittime da Eternit di Casal Monferrato, se n’è riparlato anche per il caso dell’Ilva di Taranto, ma non solo. Massimiliano Ossini intervista Giorgio Zampetti, responsabile scientifico Legambiente
Le tematiche scientifiche sono suhttp://www.rai.tv/dl/portale/html/palinsesti/science&technology.html

Amianto: il peggio deve ancora venire (picco tumori tra il 2015 e il 2020)

Eternite

Il Ministero della Salute ha comunicato che in Italia devono essere smaltite ancora trentadue milioni di tonnellate di amianto. Sono infatti trentaquattromila i luoghi rubricati come pericolosi, a seguito dell’ultima mappatura sul nostro Paese.

I dati sono stati illustrati nel corso di un incontro tenutosi a Casale Monferrato. All’iniziativa hanno partecipato il Ministro del Lavoro insieme ad alcuni rappresentanti del Ministero della Salute e dell’Ambiente.

 

La significativa presenza dell’amianto è dovuta al fatto che, tra 1945 e il 1992, in tutto il mondo occidentale sono state impiegate ingenti quantità di tale materiale per la realizzazione di vari tipi di costruzioni, per via della sua resistenza al calore e per le note proprietà anti incendio. Inoltre è solo dal 1992 che in Italia è vietato l’impiego di Eternit [1].

Come ha evidenziato il Ministro Balduzzi, quella dell’amianto è “un’emergenza nazionale”. I dati sono allarmanti: ancora mille persone all’anno si ammalano di tumore ai polmoni per l’esposizione alla polveri prodotte dall’Eternit.

 

Le fibre di absesto, infatti, possono permanere nell’organismo anche per oltre trent’anni. Per questo, alcune previsioni profetizzano che il picco delle malattie e delle morti correlate all’impiego di amianto si avrà tra il 2015 ed il 2020.

 

 

[1] L.  n. 257 del 1992.

 

 

La foto del presente articolo è un’opera artistica di Dantemanuele De Santis, DS Photostudio, ©. Ogni riproduzione riservata.

 


 

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Prevenzione ed ecosostenibilità sono sottovalutate dagli italiani che ancora non sanno se schierarsi a difesa della natura

Negli anni Settanta vi furono i casi dell’IPCA di Ciriè, fabbrica di colori dove l’anilina provocava tumori alla vescica, e dell’ICMESA, dalla quale fuoriuscì diossina in quello che è ricordato come il disastro di Seveso (a dire il vero, preannunciato da avvisaglie rimaste senza seguito) cui dovette seguire una bonifica ambientale durata oltre 10 anni. Del febbraio scorso è la sentenza di condanna per i due manager dell’Eternit, ai quali il tribunale di Torino ha contestato più di duemila morti per tumori causati dall’amianto. A fine settimana è esploso il caso Ilva di Taranto, sigillata per disastro ambientale, e con esso la contraddizione fra tutela dell’ambiente e della salute, da una parte, e tutela dei posti di lavoro dall’altra. Una contraddizione insensata eppure drammaticamente inevitabile in tempi di crisi di crisi economica e occupazionale, ma soprattutto di confusione rispetto ai valori. L’antropologo Clyde Kluckhohn scriveva che il “valore” è la concezione del desiderabile, che influenza l’azione con la selezione fra modi, mezzi e fini disponibili. Prevenzione ed ecosostenibilità sono, per nostra miopia, relegati al ruolo di accessori di lusso anziché di opportunità di crescita. Se non sappiamo da quale parte schierarci, le istituzioni ce la mettono tutta per confonderci ancora di più: da ultimo il Consiglio di Stato, che ha sospeso “cautelativamente” il provvedimento che cercava di liberare il centro di Milano dalla congestione del traffico e dall’inquinamento.

Amianto. Eternit: Schmidheiny e de Cartier ricorrono contro la sentenza

 

Stephan Schmidheiny

17 luglio 2012. Il magnate svizzero e il miliardario belga impugnano il verdetto del tribunale di Torino che li ha condannati a 16 anni e oltre 150 milioni di risarcimenti. I legali contano di riaprire il procedimento entro tre/cinque mesi. Il governo italiano, intanto, entro breve procederà all’erogazione dei 25 milioni per le bonifiche di Casale Monferrato

GINEVRA – L’industriale svizzero Stephan Schmidheiny, l’ex proprietario della multinazionale dell’amianto Eternit giudicatocolpevole in primo grado per disastro ambientale doloso e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche negli stabilimenti di Casale Monferrato e Cavagnolo, ha inoltrato ricorso contro la sentenza emanata dal tribunale di Torino lo scorso 13 febbraio. A dare la notizia è stato il suo portavoce, Peter Schuermann, che ha detto all’agenzia di stampa elvetica Ats di contare in una riapertura del processo entro tre o cinque mesi. Schmidheiny, secondo quanto deciso dalla corte, dovrà anche pagare oltre 150 milioni di euro di risarcimenti.

La replica a caldo: “Verdetto incomprensibile: solo 17 le vittime”. Subito dopo la sentenza Schmidheiny aveva diffuso un comunicato pubblicato sul proprio sito Internet dove riteneva ilverdetto “incomprensibile”, accusando la giustizia italiana di “gravi violazioni delle procedure legali” che “in Svizzera avrebbero fermato il processo”. Ancora, il miliardario aveva affermato di non avere avuto alcun ruolo esecutivo nelle attività italiane del gruppo” e aveva ridotto a soli 17 – rispetto alle circa tremila vittime citate nel dibattimento – i dipendenti ammalati a causa dell’amianto che, a suo dire, avevano presumibilmente lavorato nelle fabbriche italiane della Eternit durante il periodo rilevante per le accuse formulate (1976-1986).

Obiezione sulla competenza territoriale del tribunale di Torino. Schmidheiny non è stato il solo ad avere scelto di confutare il verdetto. Anche l’altro imputato, il barone belga Louis de Cartier, lo scorso 11 luglio ha presentato ricorso in appello. L’avvocato Cesare Zaccone, che fa parte del suo collegio difensivo, ha anticipato l’intenzione di chiedere “alla Corte la revisione totale della sentenza di primo grado”. Tra i punti focali della strategia difensiva la riconsiderazione della legittimità costituzionale sollevata al processo di primo grado – e respinte dal tribunale – e della competenza territoriale che, a detta di Zaccone, spettava alla corte di Genova (dove Eternit Italia aveva la sede legale).

Il sindaco di Casale Demezzi: “Avanti con le bonifiche”.Intanto, il ministro alla Salute, Renato Balduzzi, ha reso noto che “a breve verranno erogati i 25 milioni di euro stanziati per bonificare dall’amianto il casalese”. A riferirlo è stato il sindaco di Casale Monferatto (Alessandria), Giorgio Demezzi, commentando la riunione di ieri in Prefettura ad Alessandria, con Balduzzi, l’assessore regionale Paolo Monferino e i ricercatori che lavorano per coordinare una rete europea che si occupa di patologie legate all’esposizione da amianto. “L’impegno del Comune di Casale e di tutti gli altri Enti preposti, sta proseguendo con caparbietà per concludere la bonifica del nostro territorio e per dare una speranza a chi, purtroppo, ancora si ammala di mesotelioma”, ha detto il primo cittadino del comune piemontese.

Continua la ricerca sulla prevenzione. Il sindaco ha definito l’incontro positivo e utile anche per la “disponibilità fattiva dimostrata dagli esperti affinché si lavori tutti insieme per debellare le gravi conseguenze che l’amianto ha portato non solo a Casale, ma in tutta Italia. Prova ne è che già mercoledì prossimo con il direttore del Centro Amianto, Massimo D’Angelo, incontrerò, grazie anche all’interessamento del rettore dell’Università del Piemonte Orientale, Paolo Garbarino, uno dei professori coinvolti, Corrado Magnani, per approfondire le tematiche della ricerca e della prevenzione”.

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Il tempo è galantuomo, disse l’amianto all’uranio

Era da un po che non scrivevo di agricoltura; curioso per uno che ha imparato prima a tirar su una pianta che a usare una bicicletta. In questi giorni mi è capitato di discutere con alcuni sostenitori delle colture geneticamente modificate, gli ogm. Questo è un tema spinoso, pieno di risvolti imprevedibili. Dunque i mitici ogm: chi sono costoro? Secondo l’enciclopedia sarebbero organismi in cui parte del genoma sia stato modificato tramite le tecniche dell’ingegneria genetica; intendendo l’inserimento o la rimozione di geni dal DNA oggetto dell’esperimento. C’è dentro di tutto, dal pesce fluorescente al batterio che produce l’insulina. Cose futili e cose utili, insomma. Esistono anche leggende metropolitane simpaticissime, come quella che riguarda i “pomodori antigelo”; che si suppone siano resistenti al freddo grazie ai geni di un pesce che vive in acque fredde. Non è mai accaduto,come spiegato qui; tentarono invero di realizzarli, ma non funzionò. E non fu quindi altro che un esperimento fallito. Anche la “fragola con la lisca” condivide sorte simile: è un ogm che non è mai esistito in commercio; eppure è divenuta un’icona.

Ma in agricoltura cosa si usa effettivamente? Quali sono le cultivar ogm reali che hanno avuto successo? Per farsi una idea c’è uno stringato elenco sempre in enciclopedia, che almeno ne indica le tipologie. Si tratterebbe di alcune decine di varietà, come ricordatoanche qui, per gran parte cereali e leguminose. A dominare la scena sono mais, colza, soia, cotone e riso. Cosa fanno queste piante di differente dalle altre? Nell’elenco della wiki sono indicate alcune capacità di resistere a malattie fungine e virosi; ma se guardate bene, metà delle caselle riporta il carattere di “resistenza a erbicida”. E’ questa la caratteristica davvero importante che accomuna le granaglie ingegnerizzate più diffuse.

Come mai si parla tanto di piante resistenti alla siccità, alle malattie o magari capaci di vivere in ambienti poveri di nutrienti e poi, all’atto pratico, le varietà che possiamo acquistare oggi sono essenzialmente resistenti a prodotti chimici usati per eliminare piante infestanti? Beh, una ragione esiste ed è di ordine pratico: una azienda che sviluppa una varietà di pianta – ogm o meno – commerciabile deve recuperare i costi di ricerca. I poveretti che abitano nazioni povere, prive di suoli fertili e d’acqua, non hanno ovviamente il becco di un quattrino in tasca. Inevitabilmente le aziende del comparto sementi dovranno quindi rivolgere le proprie attenzioni agli agricoltori di paesi più ricchi, capaci di spendere qualche soldo in più. Oltre a questa ovvietà, dovremmo ricordare che gli erbicidi prima o poi divengono accessibili a chiunque: i brevetti scadono. Il caso più famoso e chiacchierato è quello del glifosato, il cui brevetto scadeva, se non ricordo male, nel 2000 / 2001. La Monsanto, non potendo più ottenere introiti adeguati in assenza dell’esclusiva garantita dal brevetto, risolse il problema dedicandosi alla creazione di piante coltivabili resistenti all’erbicida. Ed ecco superato il problema: era quindi possibile applicare un nuovo brevetto ai semi delle piante ogm con questa particolare resistenza, e recuperarne una attività economicamente vantaggiosa. Rendendo tra l’altro più efficaci ed economici i trattamenti, dato che l’applicazione dell’erbicida a coltura già avviata riesce a distruggere le infestanti in maniera più incisiva, almeno in confronto al diserbo presemina praticato in precedenza.

Ma quale può essere il problema con questi organismi – e relate tecniche colturali? Fondamentalmente più o meno la stessa tipologia di problemi che incontriamo con la chimica tradizionalmente intesa, e con l’agricoltura in senso lato. Ogni qual volta creiamo o modifichiamo una sostanza o un organismo, per poi immetterli nell’ambiente e nelle catene alimentari, dobbiamo verificare quali siano i possibili effetti negativi sull’ambiente stesso, sull’agricoltura e sugli esseri umani. E qui entra in gioco un fattore che è tanto determinante quanto allegramente ignorato in molte analisi di rischio: il fattore tempo.

I rischi connessi ad un nuovo intervento, infatti, non sono tutti uguali. Nel caso di una sostanza chimica di solito il primo problema che incontriamo è la sua eventuale tossicità acuta: se mi bevo tanto metanolo, rischio di perdere la vista e di morire. Questi effetti non sono difficili da osservare, dato che li vediamo arrivare in maniera velocissima. E ovviamente tutti conosciamo questo problema: non è difficile stabilire un legame deterministico tra l’avvelenamento da metanolo ed i danni subiti. Ci può riuscire chiunque.

Esiste però anche un modo differente di manifestarsi per i rischi sanitari ed ambientali connessi alle sostanze chimiche: il danno cumulato o differito nel tempo. Se passi le tue giornate in un ambiente che ti espone, che so, a vapori di mercurio di certo non muori. Vivrai a lungo. Solo che dopo un po di tempo – parecchi anni – cominci ad accusare dei problemi gravi: diventi matto, come il Cappellaio di Carroll; o ti ammali gravemente, come tanti minatori sudamericani che usavano il mercurio per estrarre oro con la tecnica dell’amalgama. Vedere le simpatiche opzioni disponibili. Attenzione però: questi danni sono sì gravi, ma non correlabili ad una esposizione circoscritta; e richiedono molto tempo – a volte due o tre decenni – per manifestarsi pienamente. Eppure alla fine presentano il conto, e salato.

In questa maniera possiamo ben capire come fanno gli esseri umani a commettere errori di valutazione così marchiani: vivono il rischio chimico / biologico / nucleare come se il problema fosse esclusivamente confinato agli effetti acuti dello stesso. E sovente ignorano gli effetti delle esposizioni prolungate e relative patologie croniche. In questo modo riescono a sviluppare continuamente nuove applicazioni, più o meno interessanti, che si rivelano estremamente dannose per la salute e l’ambiente dopo alcuni decenni: decenni, non anni. Nessuna meraviglia in ciò: i danni cronici e differiti nel tempo richiedono per definizione tempi estesi per manifestarsi.

Quali sono le tempistiche di questi eventi? Può valere la pena di osservare qualche esempio. Il primo e più banale che mi viene in mente è l’impiego di radionuclidi e radioattività. Le indagini sul tema divengono sistematiche negli ultimissimi anni dell’800, grazie a personaggi come Becquerel e Curie. Per trovare applicazioni pratiche dobbiamo però giungere agli anni della Seconda Guerra, con la realizzazione di reattori nucleari destinati alla produzione di plutonio; e ovviamente le famose bombe lanciate sul Giappone. Negli anni ’50 inizia a diffondersi la disciplina della medicina nucleare, che a livello di idea andava sviluppandosi da molti anni. L’espansione definitiva dell’impiego di sostanze radioattive si avrà a partire dal periodo 1954 – 1956, con la nascita dei moderni reattori nucleari di potenza. Negli anni seguenti, un crescendo travolgente di applicazioni ed impianti.

Il cambiamento di prospettiva nel campo dell’impiego di radioattività è iniziato in maniera graduale; già durante gli anni ’70 ci si cominciava a porre seriamente la questione delle implicazioni sanitarie. In verità più sotto l’effetto psicologico della minaccia delle armi contenute negli arsenali. La svolta arriverà con il celebrato incidente di Chernobyl, nel 1986. I recenti eventi occorsi nell’impianto giapponese di Fukushima Dai-ichi hanno solo ribadito la dimensione del problema. In pratica, sono occorsi almeno 30 – 35 anni dal momento in cui le applicazioni tecniche sono divenute importanti per veder mettere in discussione la bontà delle scelte fatte. E la discussione è ancora in corso, in mezzo ad un mare di polemiche; ad almeno sessant’anni di distanza. Il fatto che, ad esempio, Ucraina e Bielorussia spendano per le conseguenze dell’incidente qualcosa come un 5 – 7 % del bilancio pubblico dice parecchio; e giustifica le liti attorno alla conta delle vittime. Sono trascorsi decenni ed i malati sono tanti; anche a causa delle emissioni diffuse, che avvengono dappertutto, lontano dai riflettori. Eppure ancora nessuno pare voler affrontare la questione.

Altra storia: l’amianto. Era una fibra naturale, ottenuta da rocce basiche alterate; è stata una risorsa abbondante anche in Italia. La sua tossicità, intesa come capacità di causare malattie croniche e tumori, era nota già all’inizio del XX secolo. Bisogna però ricordare che l’impiego dell’amianto come isolante leggero si era sviluppato prepotentemente in Inghilterra per tutto l’800. Se prendiamo il caso particolare del cemento – amianto, chiamato anche eternit, possiamo considerare che l’avventura industriale abbia avuto inizio nei primi anni del ’900; curiosamente all’epoca la pericolosità del minerale era già nota. La diffusione di questi manufatti in fibrocemento diviene massiva negli anni ’30, e prosegue nel dopoguerra. La produzione terminerà solo nei primi anni ’90. La tempistica che ha permesso di passare dall’euforia iniziale al riconoscimento della pericolosità del materiale è variabile; a luoghi l’amianto è ancor oggi tranquillamente utilizzato. Per il caso inglese della fibra isolante c’è voluto un secolo o poco meno; nel caso dell’eternit nostrano sono bastati 60 – 70 anni per una messa al bando.

Nella pratica, che si parli di uranio o di asbesto, il riconoscimento della pericolosità di queste applicazioni industriali ha richiesto tempi molto lunghi. Nel caso dell’amianto incluso nel fibrocemento abbiamo già risultati conclusivi: da applicazione pionieristica a rifiuto letale da rimuovere in una settantina di anni. Nel caso dell’energia elettronucleare il cammino non è concluso, dato che ancora non abbiamo tra le mani il problema dello smantellamento degli impianti in essere. E sono passati 60 anni. Pare di scorgere alcune similitudini in queste vicende: l’euforia iniziale per le nuove applicazioni tecniche prosegue indisturbata per decenni, con successi del tutto evidenti a proprio favore. Nel frattempo gli eventuali danni alla salute ed all’ambiente cominciano a prepararsi, ma con lentezza; basti pensare al fatto che l’amianto attende anche trent’anni per uccidere le proprie vittime. Questo significa che una nuova applicazione tecnica può svilupparsi indisturbata per decenni, anche se avrà ricadute distruttive sulla salute e sull’ambiente; è una questione di tempistica.

E così, a partire dal 1996 abbiamo cominciato a commerciare organismi ogm, li abbiamo diffusi su milioni di ettari di terreno. Nel 2010 quasi 160 mln di ha, che sarebbe poi più di cinque volte la superficie totale dell’Italia. Ed abbiamo reso assolutamente comuni pratiche di allegro impiego di erbicidi a pieno campo, intendendoli come sostituto di ogni altro intervento di contenimento delle malerbe. Oggigiorno queste colture sono diffuse ed importanti, in specie nelle Americhe. Sta andando tutto bene? Beh, non proprio. Nel caso del glifosato la resistenza è ormai diffusa, le erbacce si stanno evolvendo: vedere qui, oppure qui; per una analisi italiana c’è questo. Interessante anche questo articolo, su Nature; che segnala che “….Sagers and her team found two varieties of transgenic canola in the wild — one modified to be resistant to Monsanto’s Roundup herbicide (glyphosate), and one resistant to Bayer Crop Science’s Liberty herbicide (gluphosinate). They also found some plants that were resistant to both herbicides, showing that the different GM plants had bred to produce a plant with a new trait that did not exist anywhere else…”. Le piante ingegnerizzate scappano dalla gabbia, si riproducono, si incrociano, si diffondono, divengono a loro volta infestanti. No, non lo dicono i talebani di Greenpeace: lo dicono tecnici qualificati. Quando la vicenda delle resistenze giunge sulle pagine del WSJ, allora è seria. Le strategie proposte per ora sono intuibili: passare ad altre sostanze, peraltro già note e probabilmente passibili di veder nascere velocemente infestanti resistenti; oppure rivedere il modo di coltivare in varia maniera. O ancora usare mix ed alternanze di sostanze.

C’è un’altra faccenda sul tavolo, che è l’impiego degli erbicidi a man bassa in se stessi, al di là del binomio con gli ogm. Ci sono già in circolazione studi che analizzano i residui degli stessi nelle acque e nella pioggia, tipo questo. O anche questo rapporto dell’USGS. Ovviamente esiste pure il problemi dei residui nel cibo: la presenza di queste sostanze decade esponenzialmente, ma logicamente non si azzera. Tutte queste faccende potrebbero acquisire rilevanza man mano che si diffondono fenomeni di resistenza agli erbicidi: diventa forte la tentazione di aumentare le dosi.

Ora a qualcuno verrà da dire che i problemi che stanno emergendo ci costringeranno a cambiare strada in maniera drastica; qualcun altro dirà invece che possiamo risolvere ogni inconveniente con nuove piante e nuove sostanze chimiche. E poi, invariabilmente, si continueranno ad accendere dispute attorno alla pericolosità reale o presunta di un organismo o di una molecola. Quello che manca, e che mancherà a lungo in molte discussioni, è la percezione dell’importanza dell’orizzonte temporale. Le nostre pregresse avventure con contaminazioni estensive hanno dimostrato che i danni dovuti a malattie croniche e degenerative si mostrano dopo 20 o 30 anni; e che i problemi correlati divengono gravi e diffusi con ulteriore ritardo. Stessa logica per i danni al suolo ed agli ecosistemi: per manifestarsi richiedono tempi lunghi.

L’avventura delle sementi biotech è iniziata l’altro ieri, e non è poi così importante sapere che alcune di esse sono in difficoltà dopo appena un decennio di impiego realmente estensivo. Quel che conta davvero è che non è ancora passato tempo a sufficienza per poter cominciare a ragionare sugli effetti cronici dell’immissione nell’ambiente di nuove piante e sostanze in quantità così massicce. Gli effetti di lungo termine su suoli, rese agricole e salute ancora non possiamo misurarli, non c’è modo di farlo; non sono effetti acuti, ma semmai cronici. Ed è cosa ben diversa. Possiamo comunque attendere, che so, un paio di decenni: il tempo è galantuomo, e riuscirà come sempre a chiarirci le idee.

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